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· 3 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

È da un bel po’ che non pubblico per il blog e da troppo che non scrivo.

Negli utiltimi 7 giorni sono andato in vacanza a Sofia, in Bulgaria, ed è stata un’incredibile esperienza sotto tanti punti di vista; però mi ha tenuto sempre occupato non dandomi tempo di scrivere niente (in genere per scrivere un articolo ci vuole più di un ora di elaborazione).

Proprio grazie a questa mancanza di tempo ho riflettuto sull’importanza che riveste la scrittura nella mia vita e sulla sua utilità generale (il classico non conosci il valore di una cosa finché non la perdi).

La scrittura come ritiro

La scrittura è un ottimo modo per ritirarsi, temporaneamente, a se stessi e dedicare sia tempo che energie a se stessi, appunto. La chiave del ritiro è proprio il tempo perché dedicare del tempo esclusivamente ad un compito permette di esplorarlo a fondo.

La scrittura come riflessione

Anni fa avevo visto una pillola di saggezza di Peterson che spiegava come scrivere sia un attività mentale importantissima per allenare l’intelligenza e le nostre capacità mentali in generale. Organizzare una sequela di concetti in parole di senso compiute e poi ordinarle tra loro è un compito complicato e per nulla scontato. Se infatti è naturale pensare che scrivere allena l'abilità di concettualizzare la singola frase si allenano anche altre capacità come quella di sintesi e di costruzione di un senso generale al discorso.

La scrittura come sfogo

Infine, l’ultimo (di quest’elenco) angolo tramite il quale è possibile osservare la scrittura è lo sfogo mentale ed emotivo che permette. Ci attanaglia da settimane un dubbio o una riflessione, che sia personale o professionale, e quando si dedicano quei 10-20 minuti alla scrittura del dubbio ci sentiamo sollevati di un peso. Se prendiamo in esame questioni molto più emotive, come l’elaborazione di avvenimenti negativi o positivi, allora l’importanza dello sfogo è centrale. Anziché dover dare forma verbale al discorso emotivo, perché si sta parlando con un altra persona, si organizzano i concetti nella privatezza di un foglio di carta o, come in questo caso, lo schermo di un computer.


A proposito della scrittura come sfogo ho in mente di pubblicare prossimamente delle poesie che ho scritto tempo fa. Quando saranno pubblicate spero di ricordarmi di aggiornare quest’articolo per linkarvele qua sotto.

La Pillola Finale?

🔥 E quindi la scrittura svolge molte funzioni, chissà quante ne ho tralasciato, e per questo è un'attività che andrebbe svolta con costanza alla stregua dell’esercizio fisico. Poi certo se piace, ancora meglio perché praticarla sarà più facile e fluido.

· 5 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

C’è un mio amico che era grasso. Sia visivamente che tecnicamente in sovrappeso rispetto a quanto doveva essere per altezza ed età.

Da più di un anno ha smesso di esserlo, dimagrendo oltremisura.

Nel suo processo di dimagrimento ha definito quella che lui chiama: “la mentalità da grasso”.

Disclaimer → Mi dissocio da qualsiasi utilizzo dispregiativo del termine. Sicuramente chi si sente offeso da qualcosa scritto su una pagina internet a caso avrà problemi più grossi della “mentalità da grasso”.

Ma cos’è la mentalità da grasso?

È un atteggiamento sia conscio che subconscio, di fronte al mondo e alle sue sfide, di piagnisteo e non determinazione a cambiare le cose.

Chi soffre di questa condizione tenderà sempre a incolpare gli altri cercando di cambiare il mondo piuttosto che se stesso. Un caso “estremo” sono quelle persone che provano odio se il mondo intero non rivaluta i canoni di bellezza per rispettare la loro sensibilità.

La mentalità da grasso nasce da quelle persone che non sono grasse per condizioni fisica ma per abitudine o pigrizia. È normale che nessuno sano di mente cerchi attivamente di essere grasso ma è pieno di persone che posso tagliare il consumo di grassi, zuccheri o che possono ridefinire la loro alimentazione per essere più sani. I modi sono tanti e rispecchiano i caratteri delle persone, chi drasticamente fa una dieta zero cibo, chi inizia tagliando alcuni alimenti e chi va da un nutrizionista per esser messo in riga.

E non sto dicendo che uscire da questa condizione sia facile, anzi per niente. Se prendiamo in esempio un caso semplice, un ragazzo che è sempre stato viziato a mangiare male, all’età di 20 anni avrà un attrito enorme a cambiare le proprie abitudini alimentari. O perché è abituato a mangiare schifezze o perché non sa cucinare o perché non gli piacciono le verdure o chissà.

Però è anche vero che bisogna prendersi le proprie responsabilità tanto nei fallimenti che nei successi.

“Fino a ieri non era né colpa né responsabilità mia”

Va bene, ma da adesso, che ti sei reso conto del problema, è una tua responsabilità.

E ora arriviamo a un evoluzione:

L’altro giorno ho pensato a un bellissimo parallelismo, che chiamerò la mentalità da pigri.

Molto più subdola della mentalità da grassi perché:

  • Si nota molto meno,
  • Essere pigri non ha una denotazione così negativa come essere grassi.

La mentalità da pigri

Come la mentalità da grassi condiziona il nostro agire, negativamente e senza che ce ne accorgiamo, ed è legata tanto al fattore fisico tanto a quello mentale.

In questa caso le conseguenze di questa condizione saranno almeno due:

  • Non vorrò fare le cose anche se le vorrò fare,
  • Cercherò di fare cose con meno sforzo possibile.

Posso dire con triste fierezza che ho le mentalità da pigro.

Un esempio classico, tratto dalla mia vita, è l’automatizzazione di processi inutili da automatizzare perdendo più tempo di quanto investito e soprattutto di quanto necessario.

Anziché compilare un Excel a mano in 10 minuti perderò 45 minuti di tempo ad automatizzarlo (e si era inutile automatizzarlo).

Anziché seguire un tutorial online, leggendo tutte le informazioni scritte o mostrate, salterò di palo in frasca alla veloce per avere il minimo sforzo intellettuale.

Proprio riguardo al minimo sforzo intellettuale ho letto informazioni interessanti in un saggio, che è un classicone del suo genere: pensieri lenti e veloci.

Lo sto ancora leggendo quindi è possibilissimo che le informazioni che so siano incomplete o incomprese però all’interno del libro vengono delineati due agenti, due “personalità”, una conscia e l’altra no che agiscono costantemente nella nostra vita. L’agente 1 fa tutte le attività istintuali e a basso sforzo mentale, se una task è troppo difficile passa in gestione all’agente 2 (che siamo noi parte cosciente). Se il conto matematico è 2+2 lo faccio automaticamente, o meglio lo fa automaticamente l’agente 1. Se il conto è 274+130 passa in gestione alla parte cosciente e lenta del cervello (comunque fa 404, è mica un errore?).

L’autore del libro descrive anche il processo di scelta, cioè se quella task debba venir presa in carico dal sistema 1 o 2, descrivendo come ci sono persone con menti tecnicamente pigre, che cercheranno di minimizzare lo sforzo del sistema 2 affidando più compiti possibili al sistema 1.

Ma anche questa mentalità, come la precedente, non è una scusa e bisogna lavorarci su. Solo bisogna farlo in maniera più sneaky.

Personalmente affronto questo problema con un training continuo, come se fosse palestra per la mente.

Ogni giorno mi impegno a tenere la mente attiva con:

  • Sforzi intellettuali nel lavoro,
  • Studio giornaliero.

Alcune volte mi rendo conto che sto affrontando un problema complesso con la semplicità del sistema 1, ed lì che mi fermo e mi concentro per ragionare lentamente sul problema, così da usare il sistema 2.

Vi lascio con un esempio, per chiarire direttamente le logiche dell’agente 1, su cui naturalmente non dovete passare mezz’ora:

“Compro una mazza e una palla da baseball per 1 euro e 10 centesimi. La mazza costa esattamente un euro in più rispetto alla palla.

Quanto costa la palla?”

Clicca qui per la risposta
La palla costa 5 centesimi! e a molti questo sorprenderà. Se avete detto istintivamente 1 euro è perché il sistema 1 ha pensato di riuscire a risolvere la task e ha dato la sua risposta. Comunque tranquilli, non c’è niente di male nel dare questa risposta. C’è qualcosa di male nel non scoprire di più leggendo il libro da cui l’esempio è tratto.

· 4 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

Questa è una rubrica periodica (non so ancora ogni quanto farla uscire) all’interno della quale voglio appuntare progressi, problemi e vita vissuta di un percorso molto originale: diventare un imprenditore. Non intendo quegli imprenditori da film o quelli irrealistici, cioè l’over the top 1%, perché per diventare quelle persone serve una bella dose di culo e doti personali. Parlo di quegli imprenditori che lavorano duro, si guadagnano da vivere e vogliono contribuire attivamente nella società. Quelli del mondo sano e reale.

Let’s start

Come tutti, quando ero un piccolo bimbo, mi chiedevo cosa avrei voluto fare da grande e davo risposte veramente originali, come ricercato di serpenti giganti. Solo recentemente, a 22/23 anni, ho capito cos’era il mio sogno e quindi qual era l’obiettivo che volevo perseguire: l’imprenditoria e l’auto imprenditorialità.

Seguire le proprie passioni

Subito voglio smontare l’idea secondo la quale si debba strettamente vivere delle proprie passioni. Nonostante le passioni siano quello che ci spinge ad agire con convinzione e voglia non sono gli unici elementi che lo fanno e nella maggior parte dei casi, le passioni personali, sono difficilmente monetizzabili in un periodo medio-breve. Partendo dalla mia esperienza personale, infatti, “il sogno” di essere un imprenditore non è legato a una mia particolare passione ma piuttosto alla volontà di uno stile di vita specifico, a quello che reputo il mio ruolo nella società in base alle responsabilità e quello che mi piace.

E le passioni? Nel mio caso le passioni le faccio rientrare dalla finestra 🤣 perché le passioni dettano l’ambito in cui vivere e lavorare da imprenditore. Per esempio sin da quando ero piccolo ho sviluppato una forte passione per la tecnologia e la programmazione e completamente a caso la mia prima attività che ho aperto si occupa di software e siti web!

La pandemia è una sveglia che ricorda come il tempo sia scaduto

È finito il tempo delle mele.

Qualche anno fa frequentavo l’università d'informatica a Genova ed è arrivato il COVID. Questo evento globale ha messo in discussione il mio mondo e la visione del futuro. È stata un esperienza strana perché non mi sono realmente accorto dei cambiamenti che stavo attraversando. Dopo pochi mesi dall’inizio della pandemia ho lasciato l’università e mi sono fissato l’obiettivo di trovare un lavoro come programmatore e, parallelamente, acquisire nuove skill tecniche (Tipo giocare a Warzone tutto il giorno).

Facendo un flashforward (mi ricordo ancora quando alle elementari facevo fatica a dirlo) siamo tornati a questa torrida estate del ‘22. In questa stagione sono arrivato a una nuova intuizione, che mi ha alleggerito moltissimo le giornate e le conversazioni con gli altri quando mi fanno domande tipo ma quand’è che guadagni i milioni (o almeno 10€) ?

Non sto lavorando per avere uno stipendio ma sto facendo uno stage

E come molte intuizioni anche questa è stata a scoppio ritardato perché prima, ho iniziato a caso, senza rendermene conto, fondando una startup innovativa senza knowledge di alcun tipo: ne lavorativa, ne imprenditoriale ne tecnica e poi ho capito che quello che a me serviva è la formazione, nel senso più ampio possibile.

Per svolgere qualsiasi lavoro, che non sia muovere una leva su e giù, per raggiungere una buona produttività servono almeno mesi di pratica sul campo, come per acquisire le competenze, tramite studio e/o tirocini, per mansioni più intellettuali servono anni.

E anche quello che voglio fare io non fa eccezione. Servono mesi per imparare a lavorare come sviluppatore mentre si è affiancati da un tutor e servono anni per studiare come fare il manager e acquisire quella fluidità di movimento lavorativo che permette una buona produttività.

Per di più ho recentemente ho anche intuito come il lavoro del manager non abbia necessità di formare solo la mente ma anche il carattere. Bisogno coltivare determinazione, approccio e tante altre qualità.

Grazie all’intuizione che per svolgere tutti i lavori serve la formazione ho realizzato come non debba vedere il mio operato giornaliero come se stessi cercando di guadagnarmi disperatamente la pagnotta ma piuttosto come uno stage formativo e che quello che sto facendo in questi prima anni della mia attività in proprio è in realtà imparare sul campo. I frutti reali si vedranno poi.

Da quando ho iniziato mi sono fissato anche a studiare

La Pillola Finale?

🔥 Nella vita vera tutti i più grandi imprenditori (o artisti o calciatori, come volete voi) hanno fatto anni di formazione, teorica e pratica in base alla disciplina, con centinaia di trial and error. Non ha senso abbattersi sul quotidiano se si sta investendo il tempo di oggi per un guadagno nel domani.

· 3 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

Cosa rende un immagine una fotografia?

Cosa rende un video un film?

Cosa rende un suono della musica?

Molto spesso, per motivi di lavoro, ho riflettuto intorno a queste domande. Alla fine quello che mi sono sempre chiesto, indirettamente, era qual è la linea di distinzione tra amatoriale e professionale.

E ho buttato giù alcune teorie:

È il contesto di presentazione?

Se lo spot pubblicitario lo vedo in TV quasi automaticamente viene elevato allo stesso livello di tutti gli altri spot pubblicitari facendolo percepire figo o ben fatto. Solo perché in TV?

Sono le tecniche di realizzazione?

Un altra opzione è che il modo in cui viene realizzata un opera, un prodotto o un servizio cambia poi il risultato finale così tanto da farlo diventare professionale. Anche lì arrivati a questa conclusione in realtà abbiamo escluso poco e niente perché rimane da scoprire quale bagaglio tecnico è necessario, in base al settore di riferimento.

È il marketing?

Il modo in cui ci viene presentato un prodotto o servizio incide nella nostra prima impressione e nella seconda e nella terza e cos’ via ahaha. Sorgono degli interrogativi interessati: per presentare un prodotto professionale come l’iPhone servirà una presentazione professionale, quindi serve che la forma sia professionale quanto il contenuto se non di più

Sono gli strumenti che vengono utilizzati?

Sicuramente quando si tratta di produrre qualcosa la qualità tecnologica degli strumenti utilizzati è determinante. Non si può girare un film utilizzando la fotocamera di un cellulare da 200€. Questo almeno per due motivi:

  • Gli strumenti di alta qualità permettono di automatizzare o semplificare il lavoro
  • Dall’altra parte questi strumenti permettono un controllo anche maniacale dei dettagli del progetto e di ogni parte della sua realizzazione.

Quindi una macchina fotografica da migliaia di euro da una parte ti farà (quasi) sempre foto stupende e dall’altra, con la sua modalità manuale e l’acessoristica varia, ti permette di calibrare tutti i parametri e ottenere la foto perfetta.

Sfortunatamente ho realizzato quest’articolo senza una risposta in mano e quindi, oltre a questa disamina amatoriale, non posso (per adesso) andare oltre.

Il mio sesto senso mi suggerisce che, quello che rende un prodotto professionale, è un mix delle varie parti che ho analizzato qui sopra. È un mix eterogeneo e variabile da prodotto a prodotto.

Però per come son fatto io, vi consiglio come mi impegno a far io, di puntare su due aspetti fondamentali:

  • Le conoscenze per la realizzazione del prodotto
  • E investire negli strumenti di realizzazione

Perché si può avere il marketing migliore o gli strumenti migliori ma se non li sa usare non si va lontano. Stesso discorso se si è dei professionisti ma si è obbligati ad utilizzare una strumentazione antiquata o mal ridotta.

· 3 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

Comunicare con le altre persone è importantissimo ma è anche veramente difficile.

Con comunicazione intendo la conversazione efficace tra due o più persone.

Da sempre per me questo è stato un topic intrigante e d'indagine , anche senza volerlo.

Infatti recentemente ho letto un libro 📖, un piccolo manualetto sulla comunicazione: Come parlare in pubblico e convincere gli altri.

Saper comunicare con gli altri è una skills da sempre molto utile e importante nel contesto sociale umano.

Se migliaia di anni fa sapevi parlare bene con gli altri evitavi di doverti pestare ogni 3 per 2 e potevi ambire ad una migliore condizione sociale (le mie fonti sono nessuno, è un semplice esercizio di ragionamento e per renderlo realistico bisogna escludere chi era nella reale povertà, cioè la maggior parte delle persone)

Adesso che il mondo è molto meno violento e fisico ma più burocratico e mentale i vantaggi sono aumentati, qualcuno direbbe che ci sono 7 vantaggi di lunghezza.

Effettivamente esistono diversi ambiti di comunicazione e ognuno con le proprie regole.


Un luogo dove è necessario applicare una buona comunicazione è la relazione di coppia

È fondamentale comunicare bene, nelle relazioni serie, almeno per due motivi:

Un altro fattore determinante nella comunicazione di coppia, sempre presente in tutte le relazioni, è che è un mix tra due partner: caratteri, vissuto e aspettative diverse che si incontrano e si combinano.

Infatti ognuno ha la sua sensibilità e il proprio modo di esprimere e vivere i sentimenti.

A tal proposito recentemente ho parlato con un amico di un interessante categorizzazione dei modi con cui si manifesta l'amore agli altri elaborata all'interno di un libro che non ho letto e che non conosco, quindi non posso giudicarne la bontà (I 5 linguaggi dell'amore).

In breve:

Ci sono persone che per dirti ti amo si attaccano a te tipo cozza e ci sono persone che per dirti ti amo ti comprano un iPhone.

Quindi quando persone con modi di fare diversi e (sopratutto) necessità diverse si incontrano nella relazione le incomprensioni sono dietro l'angolo.

"Perché non mi dedichi mai attenzioni?" "Ma se ti ho regalato il Kindle che tanto desideravi!"

Il modo migliore per affrontare queste situazioni è il dialogo ed è qui che entra in gioco la comunicazione.


Per fortuna la comunicazione, come molte altre skill, si può allenare tramite letture, video e sopratutto pratica sul campo. È un mestiere particolarmente difficile perché va fatto costantemente ogni giorno e perché nel quotidiamo siamo immersi in un mare di cattive abitudini comunicative e sociali.

Ma questa non è una giustificazione, ti riposi, ti riprendi e torni sulla panca (e migliori la tua comunicazione).

· 2 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

Da oggi mi prefiggo di scrivere articoli 📰 quasi quotidianamente al PC 💻 o al telefono 📵 o a mano 🤚, non importa.

Avere un blog è sempre stato un mio obiettivo, una mia "voglia".

Quella che mi è sempre mancata è stata la disciplina di perseguire i miei obiettivi. In questo specifico caso non ho mai continuato a scrivere per più di pochi giorni.

Già scrivo, ogni tanto, su un diario personale o scrivo in altro contesti ma quello che voglio avere con questo blog è un mind set diverso, in cui la stile di scrittura è, già nella mia mente al momento della scrittura, pubblico e un po' più ufficiale.

Mi impegnerò a scrivere come se diventasse il post di Instagram più virale della storia ma non punterò a creare un contenuto perfetto (Rimanendo sempre conscio che avrà una copertura bassisima)

Il topic di oggi, anzi il sidetopic, è l'importanza della disciplina per il raggiungimento dei propri obiettivi

In generale tutti noi vogliamo qualcosa, che sia anche non fare un cazzo come dipendente pubblico (nooo mi dissocio) ma in qualche modo la nostra isola felice va conquistata. Non basta avere l'energia dei primi giorni ma bisogna avere in testa che si dovrà soffrire costantemente per arrivare da qualche parte.

In questi termini sembra che qualsiasi cosa sia il raggiungimento di un record olimpico 🥇 ma in un certo senso vedere ogni obiettivo come il proprio record olimpico aiuta, sempre.


Se dovessi convincere me stesso ad essere più disciplinato non saprei realmente cosa consigliarmi e quindi non mi sento di dare né una morale né una CTA realistica alla fine di quest'articolo.

Però questo è un inizio, un inizio soprattutto per me ma anche per te, lettore accanito di blog 📰, perché nel caso tu non abbia ancora iniziato a lavorare ogni giorno, con voglia quando c'è e con disciplina quando non c'è, confido che oggi è iniziato anche il tuo percorso. Se invece sei già dell'altra sponda, continua così e vedrai i risultati.

Però sappi che noi ti veniamo a prendere (🤣).

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