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🪁 Sapersi dare il giusto valore

· 4 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

I dialoghi

Alex: Marco, giochiamo a softair da 1 anno ormai, non ti ho mai chiesto che lavoro fai

Marco: Belin è vero, sono un apprendista sviluppatore, cerco di capirci qualcosa nel codice e mi diletto nel campo software.

Spoiler: Non è l’unico modo in cui Marco può raccontare la sua esperienza lavorativa, infatti

Alex: Marco, giochiamo a softair da 1 anno ormai, non ti ho mai chiesto che lavoro fai

Marco: Belin è vero, lavoro come programmatore da un anno ormai. Ho un contratto in apprendistato che è una manna perché scalo velocemente di livello e stipendio. Sviluppo software e sono incaricato dell’ottimizzazione e sicurezza del software ed è una bella responsabilità, scrivere codice è la mia passione più forte.

Ascoltando le due conversazioni, una dopo l’altra, Marco non sembra la stessa persona, sembra che il suo ruolo, le sue capacità e la sua prospettiva lavorativa siano completamente differenti. Che lui sia diverso come persona. L’unica differenza è nel modo con cui ha presentato il suo lavoro e quindi in cui si è presentato lui stesso.

La nostra considerazione nasce da noi stessi

Quest’articolo ruota intorno alla differenza tra i due modi di descriversi: la considerazione che ognuno di noi ha di se stesso e il modo con cui parla di sé agli altri.

La considerazione di se stessi gioca un ruolo fondamentale perché, nel momento in cui agiamo nel mondo (parlando con gli altri, ballando ad una festa o mettendo una storia su IG), attingiamo il modo in cui agiamo dal “pozzo mentale dell’immagine di noi stessi”.

Cos’è questo pozzo?

Nel villaggio della nostra mente, non ci sono specchi o vetri ma solo un pozzo, con l’acqua tanto limpida e poco profonda che permette a chi si affaccia di specchiarsi.

Questo è un villaggio strano, perché c’è solo un abitante: noi stessi.

Quando sviluppiamo un rapporto mentale sano, il villaggio rimane pulito, e così fa’ anche l’acqua nel pozzo.

Quindi quando andremo al pozzo, prendendo l’acqua vedremo riflessa la nostra vera immagine.

E se invece si crea un rapporto tossico, negativo o nevrotico?

Allora l’acqua del pozzo, come il resto del villaggio, rimarrà contaminata e non ci permetterà di specchiarci bene e vederci per quello che siamo.

Quindi se dovremo dire a qualcuno quello che vediamo nel riflesso, cioè come siamo, non potremo dirgli la verità, semplicemente perché non lo vediamo.

E questo è il meccanismo che scatta nella nostra testa ogni volta che dobbiamo parlare di noi.

Se l’immagine che abbiamo fissata in testa è pulita e reale così sarà anche quello che diremo agli altri.

Il sub-conscio

Ma non finisce qui.. perché questo villaggio è in realtà abitato dal nostro sub-conscio, il quale guarderà il suo (nostro) riflesso potenzialmente in ogni momento della giornata.

Quindi anche mentre sto camminando nella vita vera, il mio sub-conscio guarda nel pozzo della mia testa e se vede un immagine contaminata mi condizionerà! Nel modo in cui cammino e interagisco con il mondo esterno, facendomi camminare più ingobbito, intimidito dagli altri e schivo.

Da pozzo nel villaggio verso l’infinito e oltre

È importante riconoscere questa situazione, sapere come la poca considerazione di noi ci possa condizionare negativamente. Non è lo scopo di questo articolo dare delle soluzioni o dei suggerimenti a chi “soffre” di questo problema nelle sue varie accezioni. L’unico consiglio che mi sento di darvi è di stare allerta e, quando vi rendete conto che state agendo contro di voi, fermatevi a pensarci su.

Così la volta dopo, quando dovrete dire al vostro amico cosa fate raccontandovi o quando dovrete atteggiarvi nel mondo, vedrete la vostra immagine limpida.