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6 post etichettati con "Mentalità"

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· 2 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

La costanza è un elemento fondamentale nella costruzione degli obiettivi

Non a caso parlo di costruzione perché prima di raggiungere un obiettivo bisogna costruire un percorso che ci condurrà dal punto in cui siamo attualmente (cioè lontano) a quello dove vogliamo arrivare (quindi il goal).

Sia per chi frequenta con abitudine queste tematiche sia per chi è nuovo e inesperto verrà subito in mente l’idea di costanza giornaliera, al più costanza settimanale con un ciclo di sforzo e riposo come nella palestra.

Ma questa è solo una parte della storia, infatti la costanza (o “pratica regolare”, per riprendere le parole della domanda iniziale) non si sviluppa solo su base giornaliera ma anche su base settimanale e mensile!

Porsi come obiettivo di leggere ogni giorno un articolo non è realistico? Perché allora non porsi l’obiettivo di leggerlo per 20 volte al mese, quindi per 20 giorni?

Pensa di voler leggere ogni giorno: passare dal digiuno totale di lettura a spingere al massimo qualcosa che non eri abituato a fare, sforzandoti di leggere ogni giorno ti metterebbe una pressione e uno stress che anche la persona più disciplinata faticherebbe a sopportare. Questo stress renderebbe l'hobby un lavoro. Infatti fissarsi un obiettivo in questo modo renderà l'attività “pesante” e ineluttabile.

Infatti la soluzione è quella di non leggere tutti i giorni! Ogni tanto darsi un po di tregua e modo di sgarrare pur rimanendo nei limiti del percorso per raggiungere il goal.

E per i detrattori di questo metodo, che penseranno che così si arrivi direttamente a un fallimento pongo la seguente domanda: passare da non leggere niente e arrivare a 2/3 terzi del mese in cui si ha letto per 15 minuti vi sembra da perdenti?

Spoiler, non lo è.

Per tornare alla domanda iniziale e concludere questo tips, la pratica regolare è fondamentale nel raggiungere un obiettivo.

Il ritmo della “pratica regolare” sta a noi, all’importanza dell’obbiettivo e tantissime altre variabili ma sicuramente il ritmo non viene deciso dagli altri.

D’altronde il goal è nostro.


Se avete difficoltà nel tirar giù un obiettivo e a seguirlo vi consiglio il template Notion fatto da me e un mio amico: “Achive Your Goals” vi aiuterà nel raggiungere i vostri obiettivi grazie a un percorso guidato, ben documentato e automatizzato dal template stesso. Clicca qui per scoprire come funziona!

· 3 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

Recentemente ho visto un video su Tiktok che ruotava intorno ad un concetto per alcuni aspetti innovativo

È una prospettiva diversa in un ambito che è per certi versi "classico", l'ambito della negatività comunicativa.

Molto spesso si collega questo concetto al discorso sul mindset e di come, un mindset appunto proiettato positivamente porti ad output positivi mentre un mindset proiettato negativamente porti ad output negativi.


Prendiamo un esempio eclatante e che mi ha colpito molto:

Finalmente a Lorenzo arriva una bella notizia, quella che stava aspettando da tanto:

Dopo mesi di ansie e tentativi, lui e sua moglie riescono a concepire un bambino. È un'incredibile notizia che ribalta la vita di entrambi. Nei mesi, Lorenzo rimugina su un pensiero senza mai riuscire a metterlo a fuoco. Riesce a metterlo a fuoco solo nel giorno della nascita della sua nuova bimba. Quello che sta vivendo non è solo il giorno in cui nasce una nuova bambina, ma il giorno in cui un nuovo capitolo della vita di Lorenzo si apre, un periodo in cui avrà la possibilità e la responsabilità di crescere un altro essere umano.

Quello è il giorno in cui non potrà più avere tempo per se stesso e in cui dovrà dire addio (anche se sarebbe meglio dire un arrivederci) a un'intera parte della sua vita.

E questo non significa che lui non ama o non amerà sua figlia.

Semplicemente, Lorenzo vede di un evento significativo soltanto il suo risultato negativo, guardando al passato e alla perdita.

Ed è qui che sono stato colpito da uno schiaffone inaudito, quando ho realizzato che anche a me succede. E più ci penso e più ne rimango sorpreso: Quanta potenza hanno il linguaggio e la prospettiva nel rovinare la vita delle persone.

Perché è facile capire che se utilizziamo un linguaggio esplicitamente negativo ci condizioneremo negativamente, ma è rivoluzionario pensare che intere narrazioni possono modificare a tal punto la nostra visione delle cose da non far apparire gli eventicome gli stessi di prima.

Dire che, quando nasce tua figlia, riesci soltanto a pensare di aver perso la tua indipendenza significa soffermarsi sul lato sbagliato della vicenda.

Personalmente, mi rendo conto di seguire troppo spesso questo ragionamento, dalle piccole parti della vita a quelle più emozionanti. Colgo l’occasione per fare due brevi esempi:

  • Non scrivo questo articolo con piacere, per elaborare e riassumere un mio pensiero, per allenare capacità come il linguaggio, masento fatica, la "fatica dello scrittore”.
  • Lunedì, non vado a lavorare nel mio ufficio, che è frutto di anni di duro lavoro, ma mi sveglierò presto al mattino e tornerò a casa tardi la sera.

Ed è tipico che queste prospettive si autoavverino, perché dal linguaggio nasce l’azione e l’azione di una persona che guarda la vita dall’angolo negativo, un pessimista, è un'azione condizionata in partenza, destinata al fallimento.

· 3 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

Riprendendo quanto letto in questo articolo: https://link.medium.com/JOO6hMzhhzb

Mi è venuta in mente una riflessione flash:

Svegliarsi presto al mattino

Per molte persone al mattino è difficile svegliarsi e, mettendo da parte tutte le logiche ormonali e di abitudine del sonno, rimane quell'aspetto scritto nell'articolo sopracitato: la resistenza che CI creiamo a livello psicologico.

Non è così per tutti ma ci scommetto che molte persone, compreso me, hanno difficoltà, a svegliarsi come a svolgere molte attività, perché più o meno coscientemente si prefigurano la giornata e la pre-affrontano con una mentalità negativa, in cui i problemi sono tutti insieme ma soltanto nella propria testa.

Questa tendenza mentale si manifesta in molti ambiti e non soltanto per attività veramente difficili.

Scivoli e montagne

Leggende quell'articolo mi è venuto in mente un vecchio video di wesachannel: https://www.youtube.com/watch?v=Ngcii28vOro

E così ho unito i puntini

Ma di cosa parla questo video?

In breve, anche se vi consiglio di gustarvelo perché nel video ne parla in modo più approfondito, Wesa ci fa notare come nella vita di tutti i giorni riusciamo a perseguire le nostre abitudini molto più facilmente se sono anche il percorso con minor resistenza, se sono scivoli che ci accompagnano o montagne che ci ostacolano.

Se voglio andare in palestra ma la palestra è a 1 ora di macchina sarà difficile avere abbastanza forza di volontà (oltre che in questo contesto sarebbe anche uno spreco di forza di volontà, una risorsa finita) mentre se la palestra è lungo il tragitto casa-lavoro mi sarà più facile.

Questo video ci fa riflettere sull'importanza di fare da interior designer della nostra vita per aiutarci a seguire la strada che vorremmo seguire.


Unire i puntini

Ma ritornando a noi e mettendo insieme questi due contenuti se ne deduce che è normalissimo come nella quotidianità, utilizzando questa mentalità " a forte attrito potenziale", riuscirà impossibile divertirsi o svolgere attività potenzialmente belle o migliorative

Infatti si innescherà il seguente schema:

Prefigurarsi difficoltà inesistenti → creare attrito verso quella specifica attività → il nostro cervello che automaticamente cercherà di evitare quell’attività perché ad alta resistenza → non fare quell’attività

Conclusione

In conclusione questo attrito artificiale spuò condizionare tanto le attività quotidiane:

Your next essay.

A visit to meet your mother-in-law.

The painting you need to finish.

Your next trip to the post office.

The marketing work you need to do for your new product.

The breakup you just suffered.

E per questo motivo può essere molto dannoso. Il modo migliore per affrontarlo è agire. Agire nel senso di mettere in dubbio quella forte resistenza che sentiamo dentro per un evento che è ancora nel futuro e di fare, di immergersi in quel tanto temuto e difficile futuro.

In questo modo, con perseveranza e sempre più costanza, sarà la forza dell'abitudine a vincere sulle forz di attrito

· 4 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

I dialoghi

Alex: Marco, giochiamo a softair da 1 anno ormai, non ti ho mai chiesto che lavoro fai

Marco: Belin è vero, sono un apprendista sviluppatore, cerco di capirci qualcosa nel codice e mi diletto nel campo software.

Spoiler: Non è l’unico modo in cui Marco può raccontare la sua esperienza lavorativa, infatti

Alex: Marco, giochiamo a softair da 1 anno ormai, non ti ho mai chiesto che lavoro fai

Marco: Belin è vero, lavoro come programmatore da un anno ormai. Ho un contratto in apprendistato che è una manna perché scalo velocemente di livello e stipendio. Sviluppo software e sono incaricato dell’ottimizzazione e sicurezza del software ed è una bella responsabilità, scrivere codice è la mia passione più forte.

Ascoltando le due conversazioni, una dopo l’altra, Marco non sembra la stessa persona, sembra che il suo ruolo, le sue capacità e la sua prospettiva lavorativa siano completamente differenti. Che lui sia diverso come persona. L’unica differenza è nel modo con cui ha presentato il suo lavoro e quindi in cui si è presentato lui stesso.

La nostra considerazione nasce da noi stessi

Quest’articolo ruota intorno alla differenza tra i due modi di descriversi: la considerazione che ognuno di noi ha di se stesso e il modo con cui parla di sé agli altri.

La considerazione di se stessi gioca un ruolo fondamentale perché, nel momento in cui agiamo nel mondo (parlando con gli altri, ballando ad una festa o mettendo una storia su IG), attingiamo il modo in cui agiamo dal “pozzo mentale dell’immagine di noi stessi”.

Cos’è questo pozzo?

Nel villaggio della nostra mente, non ci sono specchi o vetri ma solo un pozzo, con l’acqua tanto limpida e poco profonda che permette a chi si affaccia di specchiarsi.

Questo è un villaggio strano, perché c’è solo un abitante: noi stessi.

Quando sviluppiamo un rapporto mentale sano, il villaggio rimane pulito, e così fa’ anche l’acqua nel pozzo.

Quindi quando andremo al pozzo, prendendo l’acqua vedremo riflessa la nostra vera immagine.

E se invece si crea un rapporto tossico, negativo o nevrotico?

Allora l’acqua del pozzo, come il resto del villaggio, rimarrà contaminata e non ci permetterà di specchiarci bene e vederci per quello che siamo.

Quindi se dovremo dire a qualcuno quello che vediamo nel riflesso, cioè come siamo, non potremo dirgli la verità, semplicemente perché non lo vediamo.

E questo è il meccanismo che scatta nella nostra testa ogni volta che dobbiamo parlare di noi.

Se l’immagine che abbiamo fissata in testa è pulita e reale così sarà anche quello che diremo agli altri.

Il sub-conscio

Ma non finisce qui.. perché questo villaggio è in realtà abitato dal nostro sub-conscio, il quale guarderà il suo (nostro) riflesso potenzialmente in ogni momento della giornata.

Quindi anche mentre sto camminando nella vita vera, il mio sub-conscio guarda nel pozzo della mia testa e se vede un immagine contaminata mi condizionerà! Nel modo in cui cammino e interagisco con il mondo esterno, facendomi camminare più ingobbito, intimidito dagli altri e schivo.

Da pozzo nel villaggio verso l’infinito e oltre

È importante riconoscere questa situazione, sapere come la poca considerazione di noi ci possa condizionare negativamente. Non è lo scopo di questo articolo dare delle soluzioni o dei suggerimenti a chi “soffre” di questo problema nelle sue varie accezioni. L’unico consiglio che mi sento di darvi è di stare allerta e, quando vi rendete conto che state agendo contro di voi, fermatevi a pensarci su.

Così la volta dopo, quando dovrete dire al vostro amico cosa fate raccontandovi o quando dovrete atteggiarvi nel mondo, vedrete la vostra immagine limpida.

· 3 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

Per introddurre al meglio il concetto di quest'articolo voglio partire da un racconto:

Roberto entrando al supermercato, raggelato da quest’improvvisa ondata di freddo, incontra un mendicante che gli chiede di regalargli qualche euro, dicendo che gli servono per mangiare la sera stessa. Roberto, che dona periodicamente per combattere la povertà e dà generi alimentare per i poveri è da sempre stato una persona incline alla bontà di cuore e sciogliendosi gli lascia la bellezza di 5€. Il mendicante lo ringrazia infinitamente benedicendolo.

Dopo una ventina di minuti, il tempo di comprare il necessario per la cena, Roberto passa dalla piazza del quartiere e intravede nel bar una figura a lui nota: Il mendicante. Incuriosito attraversa la strada e si avvicina al bar. Da lontano non si vedeva ma adesso si, vede una scena che lo fa incazzare: il mendicante sta giocando alle macchinette e per di più si sta giocando proprio quei 5€ che Roberto gli aveva offerto.

A quel punto Roberto, che da sempre è stato una testa calda, si arrabbia ed entra nel bar. Affronta a muso duro il mendicante insultandolo, bestemmiando e maledicendosi da solo, reo di aver ceduto: “Dannazione a me che ti ho dato i soldi, che poi te li spendi alle macchinette!”

Roberto compie un errore cruciale che non è dare i soldi al mendicante. Roberto, dopo aver scoperto di esser stato a tutti gli effetti fregato, maledice se stesso per aver deciso di compiere una gentilezza. L’errore che fa non è quello di non mettere le cose in prospettiva.

Per Roberto la carità e il supporto al prossimo sono un valore importantissimo, di cui si fa pregio con i colleghi, ma sentendosi offeso ha la spontanea reazione di rinunciare a quel valore.

Naturalmente Roberto non deve ringraziare di venir fregato. L’atteggiamento più forte è invece quello di saper mettere in prospettiva l’accaduto.

Tornato a casa, sua madre gli ricorda:

“È vero, sei stato fregato, ma non pensare a quello. Pensa alla soddisfazione di aver aiutato una persona. Ti ha sempre fatto molto piacere aiutare gli altri. Questa volta sei solo stato sfortunato ma in futuro ci starai più attento.”

Ed è esattamente l’atteggiamento migliore. Riconoscere l’accaduto, cercando di non farsi fregare con le stesse modalità ma non rinnegare quello che è un valore.


Questa riflessioni mi è venuta in mente vedendo la serie TV “Agents of shield” proprio perché l’ i personaggi fanno l’esatto opposto.

A causa dei loro principi e valori, gli agenti dello shield, finiscono in qualsiasi tipo di casino ma non decidono mai di sacrificare una parte così importante di loro.

· 5 minuti di lettura
Gabriel Tavilla

C’è un mio amico che era grasso. Sia visivamente che tecnicamente in sovrappeso rispetto a quanto doveva essere per altezza ed età.

Da più di un anno ha smesso di esserlo, dimagrendo oltremisura.

Nel suo processo di dimagrimento ha definito quella che lui chiama: “la mentalità da grasso”.

Disclaimer → Mi dissocio da qualsiasi utilizzo dispregiativo del termine. Sicuramente chi si sente offeso da qualcosa scritto su una pagina internet a caso avrà problemi più grossi della “mentalità da grasso”.

Ma cos’è la mentalità da grasso?

È un atteggiamento sia conscio che subconscio, di fronte al mondo e alle sue sfide, di piagnisteo e non determinazione a cambiare le cose.

Chi soffre di questa condizione tenderà sempre a incolpare gli altri cercando di cambiare il mondo piuttosto che se stesso. Un caso “estremo” sono quelle persone che provano odio se il mondo intero non rivaluta i canoni di bellezza per rispettare la loro sensibilità.

La mentalità da grasso nasce da quelle persone che non sono grasse per condizioni fisica ma per abitudine o pigrizia. È normale che nessuno sano di mente cerchi attivamente di essere grasso ma è pieno di persone che posso tagliare il consumo di grassi, zuccheri o che possono ridefinire la loro alimentazione per essere più sani. I modi sono tanti e rispecchiano i caratteri delle persone, chi drasticamente fa una dieta zero cibo, chi inizia tagliando alcuni alimenti e chi va da un nutrizionista per esser messo in riga.

E non sto dicendo che uscire da questa condizione sia facile, anzi per niente. Se prendiamo in esempio un caso semplice, un ragazzo che è sempre stato viziato a mangiare male, all’età di 20 anni avrà un attrito enorme a cambiare le proprie abitudini alimentari. O perché è abituato a mangiare schifezze o perché non sa cucinare o perché non gli piacciono le verdure o chissà.

Però è anche vero che bisogna prendersi le proprie responsabilità tanto nei fallimenti che nei successi.

“Fino a ieri non era né colpa né responsabilità mia”

Va bene, ma da adesso, che ti sei reso conto del problema, è una tua responsabilità.

E ora arriviamo a un evoluzione:

L’altro giorno ho pensato a un bellissimo parallelismo, che chiamerò la mentalità da pigri.

Molto più subdola della mentalità da grassi perché:

  • Si nota molto meno,
  • Essere pigri non ha una denotazione così negativa come essere grassi.

La mentalità da pigri

Come la mentalità da grassi condiziona il nostro agire, negativamente e senza che ce ne accorgiamo, ed è legata tanto al fattore fisico tanto a quello mentale.

In questa caso le conseguenze di questa condizione saranno almeno due:

  • Non vorrò fare le cose anche se le vorrò fare,
  • Cercherò di fare cose con meno sforzo possibile.

Posso dire con triste fierezza che ho le mentalità da pigro.

Un esempio classico, tratto dalla mia vita, è l’automatizzazione di processi inutili da automatizzare perdendo più tempo di quanto investito e soprattutto di quanto necessario.

Anziché compilare un Excel a mano in 10 minuti perderò 45 minuti di tempo ad automatizzarlo (e si era inutile automatizzarlo).

Anziché seguire un tutorial online, leggendo tutte le informazioni scritte o mostrate, salterò di palo in frasca alla veloce per avere il minimo sforzo intellettuale.

Proprio riguardo al minimo sforzo intellettuale ho letto informazioni interessanti in un saggio, che è un classicone del suo genere: pensieri lenti e veloci.

Lo sto ancora leggendo quindi è possibilissimo che le informazioni che so siano incomplete o incomprese però all’interno del libro vengono delineati due agenti, due “personalità”, una conscia e l’altra no che agiscono costantemente nella nostra vita. L’agente 1 fa tutte le attività istintuali e a basso sforzo mentale, se una task è troppo difficile passa in gestione all’agente 2 (che siamo noi parte cosciente). Se il conto matematico è 2+2 lo faccio automaticamente, o meglio lo fa automaticamente l’agente 1. Se il conto è 274+130 passa in gestione alla parte cosciente e lenta del cervello (comunque fa 404, è mica un errore?).

L’autore del libro descrive anche il processo di scelta, cioè se quella task debba venir presa in carico dal sistema 1 o 2, descrivendo come ci sono persone con menti tecnicamente pigre, che cercheranno di minimizzare lo sforzo del sistema 2 affidando più compiti possibili al sistema 1.

Ma anche questa mentalità, come la precedente, non è una scusa e bisogna lavorarci su. Solo bisogna farlo in maniera più sneaky.

Personalmente affronto questo problema con un training continuo, come se fosse palestra per la mente.

Ogni giorno mi impegno a tenere la mente attiva con:

  • Sforzi intellettuali nel lavoro,
  • Studio giornaliero.

Alcune volte mi rendo conto che sto affrontando un problema complesso con la semplicità del sistema 1, ed lì che mi fermo e mi concentro per ragionare lentamente sul problema, così da usare il sistema 2.

Vi lascio con un esempio, per chiarire direttamente le logiche dell’agente 1, su cui naturalmente non dovete passare mezz’ora:

“Compro una mazza e una palla da baseball per 1 euro e 10 centesimi. La mazza costa esattamente un euro in più rispetto alla palla.

Quanto costa la palla?”

Clicca qui per la risposta
La palla costa 5 centesimi! e a molti questo sorprenderà. Se avete detto istintivamente 1 euro è perché il sistema 1 ha pensato di riuscire a risolvere la task e ha dato la sua risposta. Comunque tranquilli, non c’è niente di male nel dare questa risposta. C’è qualcosa di male nel non scoprire di più leggendo il libro da cui l’esempio è tratto.